Nascosto tra sigle che possono confondere, c’è uno stravolgimento in corso che potrebbe essere una delle novità più importanti nel mondo del WiFi.
Le nomenclature degli standard WiFi IEEE non sono mai state facili da ricordare per i non addetti ai lavori, e nemmeno per molti tecnici non specialisti. Solo 12 anni fa iniziavamo ad utilizzare lo standard ieee 802.11n che superava i precedenti a/b/bg, poi dal 2013 venne introdotto lo standard 802.11ac, seguito poco dopo dai miglioramenti denominati Wave2, fino al nuovissimo 802.11ax del 2019. Ci ha pensato l’organizzazione Wifi Alliance a partire dal 2009 a rendere tutto un po’ più comprensibile, anche con un tocco sicuramente più marketing, chiamando semplicemente i diversi standard con un numero progressivo, dal WiFi 4 (11.n), al WiFi 5 (11.ac) fino al WiFi 6 (11.ax) dei giorni nostri.
Con una evoluzione così rapida, è naturale aspettarsi in tempi brevi un WiFi 7 che infatti arriverà in un prossimo futuro, forse 3 o 4 anni, codificato per gli esperti come 802.11be. Ma come successe per il WiFi 5, tra uno standard e l’altro, la comunità che ruota intorno al WiFi, fatta di utilizzatori, di costruttori, di comitati, di tecnici e di politici non è stata ferma e anche questa volta ha pensato di proporre un passo avanti intermedio per migliorare le prestazioni di queste reti senza fili in continua espansione.
Ed ecco che il WiFi 6E è ormai alle porte, mentre scriviamo probabilmente c’è già sul mercato qualche dispositivo mobile che lo supporta e magari mentre leggete ci sarà già sul mercato qualche infrastruttura abilitata. Da un certo punto di vista si tratta solo di una estensione di quanto già disponibile, ma come vedremo è una estensione importantissima che per qualche esperto rappresenta uno stravolgimento totale delle regole del gioco, a voi il giudizio.
L’evoluzione a cui abbiamo assistito fino ad ora si è concentrata principalmente su miglioramenti nella gestione del traffico introducendo tecniche e codifiche per ottenere maggiori prestazioni per il numero maggiore di utilizzatori, in sostanza estremizzando l’ottimizzazione dell’uso delle risorse disponibili. Di contro le risorse disponibili, cioè le frequenze su cui trasmettere e ricevere, sono rimaste immutate per oltre 20 anni: praticamente 3 canali utili nella banda 2.4 GHz e 8 canali puliti utili nella banda a 5 GHz (oltre a quelli denominati DFS che sono si disponibili, ma che devono essere rilasciati immediatamente in caso venissero rilevate trasmissioni radar su quelle frequenze, cosa alquanto frequente in città o in zone vicine ad aeroporti, stazioni metereologiche o militari).
Un aspetto fondamentale di cui tener conto nella progettazione delle reti WiFi, affinché funzionino e abbiano prestazioni accettabili, è quello delle interferenze co-canale, ossia occorre cercare di evitare che AccessPoint adiacenti utilizzino gli stessi canali. Si capisce che nella banda dei 2.4 GHz, con soli 3 canali utili, in ambienti complessi l’obiettivo è pressochè irraggiungibile, ci sarà sempre un AP nelle vicinanze, di lato, di sopra, di sotto, che è impostato sullo stesso canale. Va meglio nella banda dei 5 GHz, se tutti i canali sono disponibili e se non ci sono radar nelle vicinanze. Va detto anche che i canali disponibili in tutte le frequenze hanno un’ampiezza di 20 MHz e una delle tecniche per aumentare le performance di punta dei singoli client è quella di accorpare più canali in un singolo canale da 40 MHz, o anche da 80 o da 160 Mhz: più si allargano i canali, maggiori sono le prestazioni raggiungibili, ma le frequenze si esauriscono velocemente.
La conclusione è che la coperta è corta per cui, per avere reti affidabili, si finisce per impostare i canali sull’ampiezza minima rinunciando alle prestazioni di punta e cercando di avere più canali disponibili per evitare le interferenze co-canale.
La lunga premessa era necessaria per capire l’impatto che avrà l’introduzione del WiFi 6E, la cui grossa novità è la disponibilità di una nuova autostrada di canali nella banda dei 6 GHz: in Europa avremo a disposizione ben 20 canali utili (in USA 59), che significherà praticamente avere a disposizione oltre il doppio delle frequenze oggi effettivamente utilizzabili. L’impatto di questa regolamentazione sarà enorme perché, almeno per i dispositivi di nuova generazione, non si porranno più problemi di sovrapposizione di canali e si potranno utilizzare con maggiore serenità, dove necessario, canali allargati sfruttando finalmente a pieno le prestazioni garantite dalle tecniche sin qui consolidate. Inoltre l’uso della banda a 6 GHz è completamente nuovo per cui il suo utilizzo non avrà il fardello della retrocompatibilità che in qualche modo ha sempre zavorrato gli standard precedenti, sia in termini di prestazioni sia in termini di sicurezza.
Va da sé che trattandosi di utilizzare una frequenza diversa, il nuovo standard sarà utilizzabile solo da apparati di nuova generazione: i nuovi dispositivi client, come smartphone e tablet, saranno dotati anche della radio a 6 GHz e arriveranno sul mercato i nuovi AP con le tre radio. Anche gli strumenti di progettazione e di analisi dovranno essere aggiornati, e in molti casi non si tratterà di un semplice upgrade software. Non ne usciranno indenni nemmeno le reti cablate in quanto con tutta probabilità i nuovi AP con tre o più radio potranno funzionare correttamente solo alimentati con lo standard PoE+ (802.3at) e trarranno effettivamente beneficio dalle connessioni multi giga (almeno 2,5 Gbps) forzando in qualche modo anche lo svecchiamento degli switch di rete.
Tutto sommato, una piccola rivoluzione.